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XXVII

Al medesimo

Annuncia che la Venere è stata restaurata dal cavalier Arpino,

e ringrazia della promessa d’una seconda Venere.


Nel ritorno c’ho fatto di Frascati insieme con l’ illustrissimo mio signore cardinale Aldobrandino, ho ritrovato in Roma due littere di V. S. e con esse quelle del signor Giovan Vincenzo Imperiali e del signor Scipione della Cella, a’ quali amendue rispondo. Sará parte della sua cortesia farle ricapitare ed insieme scusar l’indugio.

La Venere , si come V. S. mi scrisse, fu portata dal signor cavaliere Arpino, il quale con somma diligenza di sua mano la ritoccò in alcuni luoghi non molto notabili, perché nel resto non volse metterci mano, si per modestia, come anche perché gli pareva difficilissimo il potere immitar bene la sua maniera e far che i colori nuovi e freschi non si conoscessero dagli altri temperati per altra mano. Comunque fusse, basta che il quadro è ridotto a tale che V. S. potrá contentarsi che sia veduto; ed è stato fin qui sommamente lodato da tutti ed in particolare dal detto signor cavaliere, il quale la saluta e riverisce di tutto cuore.

In quanto all’altra Venere che V. S. per sua gentilezza mi promette, io non ardisco di ricusare il favore, e dall’altra parte non vorrei abusar la sua cortesia con tenere occupata la sua divina mano tra questi impacci, sapendo quanto Ella sia del continovo piú degnamente impiegata in affari piú importanti e piú utili e per personaggi d’altra condizione ch’io non sono. Pure starò aspettando che mi sia raddoppiato questo onore, accioché col numero de’ favori ch’ Ella ogni di mi fa si accresca insieme quello degli oblighi ch’io le porto. Ed a V. S. bacio le mani.

Di Roma [1604].