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LXXIX

Al medesimo

Ancora degli argomenti per la Gerusalemme,

e chiede disegni per La galeria.


Replico di bel nuovo a V. S. che, se vorrá risolversi di fare andar gli argomenti sotto nome suo o d’un suo figlio o di qualche amico, io mi applicherò a fargli senz’altro. E le prometto e giuro sotto parola d’infamia che per me non si risaprá mai, ma darò al fuoco gli originali ; perché questo è poco a petto a quel che vorrei poter fare in servigio di persona a me tanto cara e da me tanto stimata.

Ora io non so se V. S. sia bene informata dell’opera ch’io ho per le mani. È intitolata La galeria e contiene quasi tutte le favole antiche. Ciascuna favola viene espressa in un disegno di mano di valentuomo, e sopra ogni disegno io fo un breve elogio in loda di quel maestro e poi vo scherzando intorno ad esso con qualche capriccio poetico. Giá n’ho accumulata una gran quantitá de’ piú famosi ed eccellenti pittori di questa etá, e voglio fargli tutti intagliare con esquisita diligenza. Le poesie che vi entrano son tutte in ordine; e sará, credo, un libro curioso per la sua varietá. Non vorrei ch’alia intiera perfezione di esso mancasse qualche cosetta d’uomo di tanto valore e che fa professione di tanto amarmi quanto V. S.; ché per questi rispetti se dagli altri ne ho avuto uno o due, da lei dovrei pretenderne tre e quattro. Ma non voglio eli’ Ella si affatichi tanto. Le favole che mi mancano sono Venere in mare, Europa e Narciso. Per grazia, non lasci di consolarmi almeno d’alcuna di queste tre secondo la sua fantasia; ma la vorrei in carta turchina rilevata di biacca, e torno a mandarle la misura del foglio, accioché non erri dove le figure hanno da venir situate, per quel medesimo verso che in esso potrá vedere. Se con tutte le sue occupazioni me ne potrá favorire prima che parta alla volta di Roma,