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43.Pende il fato da lei di molti uccisi,
che de l’alta sentenza in dubbio stanno,
e qual di tanti dal mortai divisi
voglia a la luce rivocar, non sanno.
Se vuol tutti annodar gli stami incisi,
convien che ceda l’infernal Tiranno,
e le leggi de l’Herebo distrutte,
renda a le spoglie lor l’aniine tutte.

44.Or del misero corpo, a cui prescritta
l’ultima linea ancor non era in sorte,
lubrico intorno al collo un laccio gitta,
e con groppi tenaci il lega forte.
Indi acciò che piú lacera e trafitta
resti la carne ancor dopo la morte,
fin dov’entra nel monte un cupo speco
su per sassi e per spine il tira seco.

45.Fendesi il monte in precipizio, e sotto
apre la cava rupe antro profondo,
ch’arriva a Dite, e discosceso e rotto
vede i confin de l’un e l’altro mondo.
Quivi il mesto cadavere è condotto,
loco sacro per uso al culto immondo,
nel cui grembo giá mai non s’introduce,
se non fatta per arte, ombra di luce.

46.Xel sen, che quasi ancor tepido langue,
fa nòve piaghe allor la man perversa,
per cui lavando il giá corrotto sangue,
il vivo e ’l caldo in vece sua vi versa.
Gli sparge ancora in ogni vena essangue
di varie cose poi tempra diversa.
Ciò che di mostruoso unqua o di tristo
partorisce Natura, entro v’ha misto.