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innargentato (inargentato) [XX 116, 6]; innebriava (inebriava) [IX 181, 5]; innecclissate (ineclissate) [III 79, 5]; leggittimo (legittimo) [XVI 179, 6]; molle viso (mole viso) [I 72, 8]; pennoncelli (penoncelli) [XVI 37, 5]; protettrice (protetrice) [III 12, 2]; rabbuffato (rabuffato) [IX 183, 8]; riccamata (ricamata) [II 64, 3]; sapprebbe (saprebbe) [XX 361, 8]; scettro (scetro) [I 149, 2];

sollenne (solenne) [XIII 7, 8; XVI 68, 6; 164, 7]; sollennitá (solennitá) [XVI 21, 8]; tragittollo (tragitollo) [I 166, 2]; zaffiri (zafiri) [XVII 8, 6].

Altre volte V, in varia guisa, raddoppia:

oportuni (opportuni) [XII 141, 5; XIII 7, 3]; biforme (bifforme) [XVIII 59, +]; sbucò (sbuccò) [XVI 220, 1].

C’è anche un posolino che diviene, in V, « possolino » (XIV 123, 3) e qui potrebbe trattarsi d’un tentativo di distinzione fra s dolce o sorda (viceversa, un in guissa dell’originale è trascritto « in guisa » [VII 62, 7]); e un racolte (XX 90, 8) corretto «raccolte» (allo stesso modo che un ecetto [« eccetto »] di XVI 131, 7). Varrá la pena di notare che P e V si accordano per un « alor » (XX 51, 1) e per un « collaggiú » (X 175, 4); e che numerose sono le oscillazioni nel caso di « qualor » «talor»: p. es. Ili 36, 3 qualor (quallor); IV 257, 1 e V 4, 1 quallor (P = V); XV 128, 2 talor (tallor); XX 490, 8 tallor (P = V); IV 77, 4 qualora (P e V).

Si è abbondato, con intenzionale pedanteria, nella esemplificazione, riportando anche casi in cui l’errore di stampa (da una parte o dall’altra) parrebbe la giustificazione piú ragionevole. Va pur detto che il lamento del Marino sull’edizione di Venezia (sebbene quella di Francia « non monda nespole ») non era solo un accorgimento tattico. La fretta di lanciare il libro sul mercato italiano non deve certo aver aiutato le buone disposizioni dello Scaglia. Per pochissimi casi in cui V riusci ad accorgersi di errori od omissioni dell’originale, l’aggiunta di nuovi o la passiva registrazione di vecchi errori è ingente.