Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/773

par che fosse tirato il canto VII [lett. n. 165] e li si dovette segnare il passo, se ancora nell’estate del 1622 si parla di non piú che « ottanta fogli » tirati [lett. n. 167]; il che porta giusto alla fine dell’attuale canto VII (cc. 162). Credibilissimo che Abraam Pacard, l’editore, «bestemmiasse e rinegasse il mondo »: «... .perché credeva di spacciare la vendita de’ libri alla prima Fera di Francfort, ed ora non sará piú a tempo » [ ibid . í .

Messasi di mezzo un’altra, e piú grave, malattia del Marino, e nuovi contrasti con lo stampatore [lett. n. 168] dietro i quali si possono facilmente congetturare incertezze del Marino, all’atto della stampa, e sue inadempienze e ritardi nella consegna del materiale ne varietur, insomma a metá del ’22 si poteva solo prevedere che per il compimento dell’opera (e pel ritorno del Marino in Italia, che a quello si legava) si sarebbe dovuto aspettare almeno la primavera dell’anno seguente [lett. n. 169]: termine questo, che finalmente, e con qualche patema, si riuscí poi a rispettare [lett. n. 185].

Il fatto che la dedica Alla Maestá Christ.ma di Maria de’ Medici, Reina di Francia, et di Navarra, destinata al vestibolo del poema, rechi la data: «Di Parigi adí 30. d’Agosto 1622» (che nell’edizione di Venezia, e in tutte le seguenti che su essa si esemplarono, apparirá aggiornata al 30 giugno 1623), par suggerire a quell’altezza una piú risoluta ripresa. Ma non mancano, ancora nel ’23, « alcuni nuovi accidenti » (estrinseci o, piuttosto, intrinseci al poema) dai quali il poeta sarebbe stato costretto a «mutare tutto un canto intiero...» [lett. n. 177]: e sarebbe ancora il settimo: per di piú, la cattiva salute non dá piú tregua al Marino [lett. n. 178]. Ma — sul piú bello — a morire è il Pacard [lett. n. 183]; cosí che l’Adone sarebbe uscito «presso Oliviero di Varano » (Olivier de Varennes) che il 20 marzo 1623 rilevò, consenziente Marino, « les droicts du privilege » ch’erano stati concessi al povero Pacardo (e n’ebbe forse abbreviata la vita...) il 13 dicembre del 1621 [Extraict du Privilege du Roy, pubblicato in appendice all’Adone parigino].

Ormai l’animo (e s’intenda senz’altro l’ambizione) del Marino è tutto all’Italia; a Roma, dove lo aspettano «come papalino» [lett. n. 181]. Il poema è alla fine, vi mancano solo « alcune prose di discorso, che vanno nel principio» [ibid.], «alcuni ultimi fogli, i quali io tengo cosí sospesi, perché ho paura che se il libro si publica prima ch’io possa presentarlo di mia mano al re, non gli sia portato da altri » [lett. n. 184]. Il momento — s’indovina — è frenetico; si tratta di saldare l’estremo trionfo fran-