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per l’armonia del creato si legavano in ámbito letterario a un tema dei piú sentiti agli inizi del ’6oo, quello della Creazione. Ricordiamo che in casa Aldobrandini — ospitale al Marino — si serbava l’autografo del Mondo Creato tassesco, la cui contrastata pubblicazione concentrava sull’argomento un anche piú vivo sentimento d’attualitá. Piú quella cultura occultistica era diffusa nell’Italia settentrionale, sicché non si dovrebbe essere fuori dal vero nel congetturare che i germogli di certe curiositá nel Marino risalgano al soggiorno veneziano del poeta per la stampa delle Rime (1602). Piú e meglio si sarebbero appagate, quelle curiositá, a partire dal soggiorno in Ravenna, negli anni settentrionali del Marino. Certo è che da tali commerci la favola di Adone riceveva fin da principio una sorta di risonanza archetipica, affatto nuova rispetto alla fenomenologia affettuosa e decorativa del poemetto mitologico rinascimentale. Inconsapevolmente, giá nel primo concepimento 6 e;Y Adone la «forma trascendentale” lievitava. Se poi, dando fede a un passo della prima redazione dei Sospiri d’Ergasto (risalente agli anni napoletani), dovessimo riportare a quegli anni (come par verosimile) il primo impulso del Marino a mettere in versi la favola d’amore e morte di Venere e Adone, piú netto risulterá il discrimine che l’apertura astrologica comportava.

Di commistioni astrologiche non è piú traccia nella lettera, di qualche mese piú tardi, al pittore genovese Bernardo Castello, per commettergli da illustrare un volume di « poemetti » del Marino, che pareva ormai alle stampe in Venezia. L’Adone « è diviso in tre libri. Il primo contiene l’origine dell’innamoramento fra la Dea e ’l giovane; e qui potrebbe entrare una figura di Adone addormentato in un prato, con la faretra appesa ad un’arbore e i cani a’ piedi, e la Dea che gli sta sopra in atto di vagheggiarlo. Nel secondo si raccontano gli amori ed i godimenti dell’uno e dell’altro; e vi sarebbe a proposito la figura di Venere e di Adone, che stanno trastullandosi in un boschetto abbracciati insieme, overo in atto di stare ascoltando gli uccelli, che vengono a mover lite innanzi a loro. Nell’ultimo si narra la caccia dell’infelice giovane e la sua morte, col pianto che fa la Dea sopra il corpo dell’amato » [lett. n. 34].

Questo lo scheletro della favola. Nei suggerimenti illustrativi si colgono i motivi fantastici essenziali dell’operetta. Una generica atmosfera pastorale, i « trastulli » (parola in Marino quasi tematica) e quella tessera ornitologica (gli amanti « in atto di stare ascoltando gli uc-