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2. - L’idea e la genesi del poema

« Rompansi pur il capo i signori critici », aveva risposto il Marino a quelli che s’erano messi a spaccare in quattro il capello del poema, « se con quel nome » — di poema epico — « si debba battizare; so che chi volesse far l’apologista» (eChapelain v’era smagliantemente riuscito), « averebbe mille capi da poterlo far passar per epico. E se bene favoleggia sopra cosa favolosa, si sa nondimeno che la favola antica ha forza d’istorica; ma se altri non vorrá chiamarlo eroico, perché non tratta d’eroe, io lo chiamerò divino» (come la Divina Comedia ...) «perché parla de’ Dei. Voi l’intitolate poema fantastico e fuor di regola, e dite che non può cadere la comparazione [fra l’Adone e la Liberata ], perché sarebbe come voler rassomigliare VEneide alle Metamorfesi. Adunque, secondo voi, di necessitá ne segue che quello delle Metamorfesi sia poema irregolato e fantastico [...]. Ma perché non voglio esser lapidato dai fíutastronzi e dai caccastecchi, mi basterá dire che troppo bene averò detto che le poesie d’Ovidio sono fantastiche, poiché veramente non vi fu mai poeta, né vi sará mai, che avesse o che sia per avere maggior fantasia di lui. Ed utinam le mie fossero tali... ».

Ed è subito il luogo d’una provocazione celeberrima: «... Intanto i miei libri, che sono fatti contro le regole, si vendono dieci scudi il pezzo a chi ne può avere; e quelli che son regolati, se ne stanno a scopar la polvere delle librarie. Io pretendo di saper le regole piú che non sanno tutti i pedanti insieme, ma la vera regola (cor mio bello) è saper rompere le regole a tempo e luogo, accomodandosi al costume corrente ed al gusto del secolo ».

Una battaglia, dunque, per il fantastico; e finiva, sotto l’apparato mirabile del poema « divino », col rimestare inopportunamente in quell’inconscio (letterario) collettivo e in quella « diffalta del sillogismo », in quell’ugualitarismo erotico e plebeo che la nuova civiltá barocca s’era impegnata, col Barberini, a negare: anzi, proprio psicanaliticamente, a rimuovere.

Nel « fantastico », nell’anarchismo immaginativo dello spazio letterario, il Marino aveva colto una esigenza profonda del proprio pubblico e della propria poesia.

Vi fu un momento — a inoltrata elaborazione del poema — che lo scrittore parve vagheggiare, in traccia del « fantastico » Ovidio, un proprio poema metamorfico, le Trasformazioni. « De’ due miei poemi