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315.Vedi un, che degli augei l’alta Reina
tarsiata ha di scacchi orati e neri:
lucido Sol de la virtú latina,
Camillo ha nome, ascritto in fra i primieri.
Sebellio seco a par a par camina,
specchio immortai di Duci e di guerrieri.
Conosco ben l’impronta sua famosa,
ch’è la Colomba, e tra i Leon la rosa.

316.Eccone un’altra coppia. Al destro fianco
veggio un baron di generose prove.
Ruggier, che sovra ’l fondo azurro e bianco
inquartato l’augel porta di Giove.
Veggio poi Sforza, che gli vien dal manco,
né con minor baldanza il destrier move.
Figura in su ’l turchin l’orbe di smalto
aureo Leon con aureo pomo in alto.

317.V’è Gismondo, ed Emilio. O stirpe altera,
tra le fortune invitta, e tra’ perigli!
Quei sovr’alta colonna Aquila nera
spiega, che spiega l’ali, apre gli artigli,
dove stretta in catena è quella Fera
che riforma lambendo i rozi figli.
Questi, ch’è de’ piú celebri e piú cónti,
un Cornio ha nel brocchier sovra tre monti.

318.Orazio è quegli lá, che nel vermiglio
tre Lune d’oro ancor crescenti ha sparte.
Signor d’armi possente, e di consiglio,
del guerreggiar, del comandar sa l’arte.
D’una Ninfa del Tebro è costui figlio,
onde figlio lo stima altri di Marte;
ed è ben tal, che Marte ei sembra a punto
Marte quando è però teco congiunto.