Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/601


331.Ah che mentr’ei laggiú langue in martiri,
10 non godrò lassú diletto interno.
Saran fiamme Tartaree i miei sospiri,
la mia misera vita un vero Inferno.
Fia Flegetonte il foco de’ desiri,
sará Cocito il mio gran pianto eterno,
e perché ’n quest’Abisso io mi consumi,
mancherá Lethe sol tra gli altri fiumi.

332.No no, non fia giá mai ch’onda d’oblio
spenga fiamma sí bella e si gradita,
né lascerò con tutto il dolor mio
d’adorarla sepolta e ’ncenerita.
E poi che ’l Ciel non vòle, e non poss’io
risuscitarlo e rendergli la vita,
col rogo e col sepolcro almen fia giusto
consolar l’ombra, ed onorare il busto.

333.Non può, qualor avien che Morte scioglia
11 vital nodo agli uomini infelici,
mostrar maggior d’amor segno e di doglia
la vera fé de’ piú perfetti amici
ch’accompagnando la caduca spoglia
con sacre pompe e con pietosi uffici,
con l’onor de l’essequie e de la fossa
dar quiete a lo spirto, albergo a Tossa.

334.Peso dunque di voi sará ben degno
meco impiegarvi a fabricar l’avello,
e tal sia de la fabrica il disegno
qual conviensi a coprir corpo sí bello;
e poi che la man vostra e ’l vostro ingegno
data avrá questa gloria a lo scarpello,
con pomposo apparato a lento passo
visitar meco il fortunato sasso. —