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323.Devrei quanti ricetta entro il suo seno
il profondo Ocean torrenti e fiumi
tutti ne’ tristi miei raccòrre a pieno
giá de la cara luce orbati lumi.
Né so come, disciolto a Tonde il freno,
tra tempeste di duol non mi consumi,
e quante ha perle in conche ogni sua riva
non distempri per essi in pioggia viva.

324.Ma che giovar poriano i pianti amari,
s’irrevocabil perdita è la mia?
Nel mal ch’è certo, e che non ha ripari,
il non cercar rimedio il meglio fia.
Tra brutto e bel, tra nobili e vulgari
differenza non fa la falce ria.
Tronca il fil del Pastore e del Monarca
col ferro istesso una medesma Parca.

325.Strana legge di Fato e di Natura,
che de Fumane tempre il fragil misto
congiunta abbia al natal la sepoltura,
e svanisca qual fiore, a pena visto.
Pur col nov’anno il fiore e la verdura
de le bellezze sue fa novo acquisto;
ma l’uom poi che la vita un tratto perde,
non rinasce piú mai, né si rinverde. —

326.Cosi Theti ragiona, e la Dea bella
le dolci stille, onde le guance asperge,
poi che vede eh’ale un piú non favella,
con un candido vel s’asciuga e terge;
indi il bel volto, e l’una e l’altra stella,
che tenea chine al suol, solleva ed erge,
ed a la voce inferma ed impedita
da sospir, da singulti, apre l’uscita:

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