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195.Arde, ma non ardisce: e teme, e spera,
tutta in ciò ferma, e d’altro a lei cal poco;
e come dritto a la sua patria sfera
s’alza da terra il peregrino foco,
cosí l’ali amorose apre leggiera
verso i begli occhi, ov’è suo proprio loco,
l’anima innamorata: e dolcemente
rimembrando e pensando erra sovente.

196.Tacea la notte, e la sua vesta bruna
tutta di fiamme d’oro avea trapunta:
e senza velo e senza benda alcuna
questa treccia a quell’altra in un congiunta,
si chiara e bella in Ciel sorgea la Luna,
che detto avresti «È certo il Sol che spunta;
forse indietro rivolto, a noi col giorno
fa per novo miracolo ritorno».

197.Lascia le piume impaziente e sorge,
poi del chiuso balcon gli usci spalanca,
e ’l Pianeta minor per tutto scorge,
che le nubi innargenta e l’ombre imbianca.
In un verron, che nel giardin si sporge,
con la guancia s’appoggia in su la manca:
con l’altra asciuga de’ begli occhi Tonde,
e soletta fra sé parla e risponde:

198.— Ardo (lassa) o non ardo? ahi qual io sento
stranio nel cor non conosciuto affetto?
È forse ardore? ardor non è, ché spento
l’avrei col pianto: è ben d’ardor sospetto.
Sospetto no, piú tosto egli è tormento.
Come tormento fia, se dá diletto?
Diletto esser non può, poi ch’io mi doglio:
pur congiunto al piacer sento il cordoglio.