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159.Vuol pur trovar, per vendicar l’offesa,
chi gli serrò la lucida finestra.
Su l’entrata s’asside aspra e scoscesa
che fa spiraglio a la spelonca alpestra.
Sotto la mazza attraversata e stesa
uscir fa la sua greggia, e con la destra
mentre la chiusa sbarra inalza ed apre
di corno in corno annovera le capre.
160.Ma come saprá mai dove si celi
uom sí cauto, si scaltro, e sí sagace!
Chi può pensar, ch’un vello asconda e veli
l’insidioso ingannator fugace?
Monton s’infinge e mente i cozzi e i beli:
gli palpa il tergo, e quei camma e tace.
Cosí coverto di lanosa pelle
gli si sottragge, e passa in fra l’agnelle
161.Or poscia che non sol 1 ’ occhio gli ha tolto
col tronco arsiccio il Peregrino Argivo
ma, da l’infame arena il legno sciolto,
giá da la cruda man campato è vivo,
furia, ondeggia, vaneggia, e come stolto
non men di senno che di luce privo,
languendo a un punto e minacciando insieme,
piú del mar che ’l produsse orribil freme.
162.Uscito indi de l’antro, arbori intere
fiaccò con l’urto e con la man divelse,
né tra quell’ire sue superbe e fiere
questo tronco da quel distinse o scelse.
Sbarbò frassini antichi ed elei altere,
spezzò cerri robusti e querce eccelse,
e furibondo errò per tutto, e forse
cento volte quel di l’isola corse.