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119.Altri, come talor ne l’aia stanno
de le biade sgusciate i monti integri,
nel cavo vaso raccogliendo vanno
i grani in mucchi, e scegliono i piú negri.
Altri portando i pálmiti, che fanno
oltremodo brillar gli spirti allegri,
vien la gravida giá madre del vino
con risi e canti a scaricar nel tino.

120.Parte poi che fornito ha di comporre
il cumul tutto, onde la cava è piena,
l’uva, che giá calcata in rivi scorre,
a vicenda co’ piè sviscera e svena.
Giá spiccia il vino, e giá comincia a sciòrre
i suoi vivi torrenti in larga vena,
e fa bollir la violata spuma
da cui grato vapore essala e fuma.

121.Mugghia la turba intorno a le bell’onde
che ’l purpureo ruscel per tutto versa.
Nel canal che ne piove, e si diffonde,
quei tien la man, questi la bocca immersa.
Quei de le dolci stille e rubiconde
tutta ha dentro e di fuor la gola aspersa.
Questi dapoi che ’l ciottolo n’ha pieno,
v’attuffa il volto, e se n’innaffia il seno.

122.Chi stringe con le dita entro la tazza
di lieti fiori incoronata, il grappo,
chi di libarlo a pena si sollazza
col sommo labro, e chi tracanna il nappo.
Quel furor dolce e quella gioia pazza
fa che non curi alcun lino, né drappo,
onde fan rosseggiar l’uve bevute
l’ispide barbe, e le mascelle irsute.