Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/538


79.Gli aspri Egipani e i ruvidi Sileni
rompeano anch’essi il cristallino gelo.
S’attuffavan nel gorgo i Fauni osceni
col capo a l’acqua, e con le piante al cielo,
e scoprivan di fuor, curvando i seni,
de’ rozi dorsi il rabbuffato pelo.
Poi de’ pesci dorati in su le sponde
traean le prede da le lucid’onde.

80.Altri lungo il bel rio, ch’entro le vene
preziose ricchezze avea celate,
e diffondea su le purpuree arene
seminatrici d’oro acque gemmate,
le rilucenti pietre, ond’eran piene,
iva scegliendo, e le conchiglie aurate.
Ed io sempre a la pesca, al nuoto, al bagno
del vezzoso fanciullo era compagno.

81.Per qualunque di Lidia estrania riva
sempre il seguia con piè spedito e presto.
Se cantava talor, lieto io l’udiva,
se poi taceasi, io n’era afflitto c mesto.
La notte in odio avea, che mi rapiva
quel Sol, senza il cui lume or cieco resto.
Cosí passai, mentr’ebbi i fati amici,
col Satiretto mio l’ore felici.

82.Ma vòlse il Ciel che da me lunge un giorno
su ’l tergo (oimè) d’un fiero Tauro ascese.
Di verdi foglie un guernimento adorno
per lo petto e per l’omero gli stese.
Legato in fronte a l’un e l’altro corno
un fiocco di papaveri gli appese;
ed a la bocca per frenarlo al corso
di pieghevol corimbo ei fece il morso.