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51.Sovra la mole del volubil ferro
m’inchino, ed a scagliarlo alfin m’accingo:
in fra la base e ’l cuspite l’afferro
e fortemente ad ambe man lo stringo,
con gran prestezza il pugno indi disserro
e quel colpo funesto avento e spingo,
che fin che stian del Ciel salde le tempre,
fia memorando e lagrimabil sempre.

52.Zefiro, il peggior vento e ’l piú fellone
di quanti Eolo ne tien ne l’antro orrendo,
era in amar anch’egli il bel Garzone
giá mio rivale, e ne languiva ardendo.
Ma sprezzato da lui per mia cagione,
sé schernir, me gradir sempre veggendo,
sí fiera gelosia nel petto accolse
che tutto in odio il prim’amor rivolse.

53.E stando il nostro gioco ivi a vedere
su da l’alto Taigeta, il vicin monte,
mosso ad invidia de l’altrui piacere,
godea di fargli sol dispetti ed onte.
Or gli facea di testa i fior cadere,
or i capei gli scompigliava in fronte.
Talor la veste gli traea con rabbia,
e talor gli spargea gli occhi di sabbia.

54.È ben ver che talvolta in mezo a l’ira,
ben che crucciosa oltre suo stile e cruda,
lo Spirito malvagio arde e sospira
in risguardando il bianco sen che suda,
e mentre freme intorno e si raggira
avido di baciar la neve ignuda,
dolce il lusinga, e da’ bei membri amati
mitiga il gran calor con freschi fiati.