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171.Trovò, ch’aJIor a punto avea disfatta
la trecciatura del bel crine aurato,
e con l’avorio de la mano intatta
pur d’avorio movea rastro dentato.
Piovon perle da l’oro, e mentre il tratta,
semina di ricchezze il verde prato.
Mentre i biondi capei pettina e terge,
tutto di gemme il suol vicino asperge.

172.Giuntole appresso Adone, il piè ritenne
reverente a mirar tanta beltate,
e ne trasse un sospir: ché gli sovenne
d’esser lontan da le bellezze amate.
Falsirena gentil contro gli venne
con accoglienze sí gioconde e grate,
che parea dire al portamento, al viso:
«Cosi si fan gl’inchini in Paradiso».

173.Non fu fratanto Amor, che stava al varco,
a córre il tempo o trascurato o tardo,
ma pose allor su l’infallibil arco
de’ piú pungenti e trafittivi un dardo.
L’averlo teso, e poi scoccato e scarco
fu solo un punto, al balenar d’un guardo:
onde la bella ammaliata Maga
senza sentir il colpo ebbe la piaga.

174.Tosto ch’ella in Adon fermò le ciglia,
pria ferita che vista esser s’accorse.
Stupor, timor, vergogna e meraviglia
la tenner dubbia, e de la vita in forse.
Pallida pria divenne, indi vermiglia,
e per le vene un gran tremor le corse.
Sente quasi per mezo il core aprirsi,
né sa con l’arti sue punto schermirsi.