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167.Pompa non vista e non creduta altrove,
veder sorger da terra i bei rampolli,
e tra ricchi cespugli in verghe nove
folgorar gli arboscei teneri e molli.
Or mentre Adon sotterra i passi move,
Amor, i cui desir non son satolli,
bramoso a pien di vendicar l’offesa
apparecchia nov’armi a nova impresa.

168.È ver ch’a Citherea recò l’aviso
del sospetto di Marte e de lo sdegno,
acciò ch’Adon non ne restasse ucciso,
ch’unica luce e gloria è del suo regno.
Ma vuol, perché da lei viva diviso,
machinargli tra via qualche ritegno;
onde fin colaggiú, dov’egli intende
starsi la Fata, a saettarla scende.

169.Stava a seder la Fata inculta e scalza,
quando Adon sovragiunse, a piè del fonte,
ché per uso non pria dal letto s’alza
che sia ben alto il Sol su l’Orizonte.
Con la fresc’onda, che dal vaso sbalza,
tergesi gli occhi, e lavasi la fronte,
e ’l fonte istesso, ch’è fatale e sacro,
le serve in un di specchio, e di lavacro.

170.La gonna, ch’era ancor disciolta e scinta,
i bei membri copria senz’alcun manto.
Di broccato e di raso era distinta,
d’alto a basso inquartata in ogni canto.
Quello di verde brun la trama ha tinta,
questo nel rancio porporeggia alquanto.
Intorno a l’orlo un triplicato lregio,
aspro di gemme e d’or, l’aggiunge pregio.