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187.Yúlse le labra allor la bella Diva
con le labra compor pallide e smorte,
per impedir a l’alma fuggitiva
forse l’uscita, e chiuderle le porte,
e per raccòr qualche reliquia viva
del dolce, che furando iva la Morte.
Misera, ma trovò secchi e gelati
negli aneliti estremi i baci, e i fiati.

188.Lasciandosi cader fra cento e cento
Ninfe, che ’n mesto e lagrimoso coro
facean co’ gridi un tragico lamento
e con le palme un strepito sonoro,
da’ begli occhi spargea fila d’argento,
e da’ laceri crini anella d’oro;
né per altra beltá fu giá mai tanto
bello il dolore, e prezioso il pianto.

189.Mille piccioli Amori a trecce a trecce
quasi di vaghe pecchie industri essami,
segnando ne le rustiche cortecce
l’infortunio crudel, gemon tra’ rami;
e sfaretrati e con spuntate frecce,
rotte le reti d’òr, sciolti i legami,
gittate a terra fiaccole e focili,
fanno a le triste essequie ossequii umili.

190.Chi de le belle lagrime di lei
spruzza le penne, e chi le labra asperge.
Chi ne l’umor di que’ begli occhi rei
tempra gli strali, e chi gli arrota e terge.
Chi disdegnando omai palme e trofei
la facella immortai dentro v’immerge.
Chi mentr’ella il bel crin si svelle e frange,
tutto fermo in su l’ali, ascolta, e piange.