Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/483


131.Giá di Cithera a la magion celeste
la bella Dea d’Amor facea ritorno.
Giá di rose e di perle in un conteste
s’avea ’l crin biondo e ’l bianco seno adorno;
e mentre il chiaro Dio, che spoglia e veste
d’ombra la terra, e di splendore il giorno,
stracciava de la notte il bruno velo,
l’ultime stelle accommiatava in Cielo.

132.L’Aurora intanto, che dal suo balcone
gli umidi lumi abbassa a la campagna,
vede anelante e moribondo Adone,
ch’ancor con fievol gemito si lagna.
Vede che ’l duro fin del bel Garzone
ogni Ninfa con lagrime accompagna,
e che tutte iterando il dolce nome
battolisi a palme, e squarciansi le chiome.

133.Diceano: — È morto Adone. Amor dolente,
or ché non piagni? il bell’Adone è morto.
Empia fera e crudel col duro dente,
col dente empio e crudel l’uccise a torto.
Ninfe, e voi non piangete? Ecco repente
Adon vostro piacer, vostro conforto
lascia del proprio sangue umidi i fiori.
Piangete Grazie, e voi piangete Amori.

134.Giace Adone il leggiadro, Adone il vanto
di queste valli in grembo a l’erba giace
pallidetto e vermiglio. Il riso, il canto
lasciate o Muse. Amor spegni la face.
Piangete Adone, Adon degno è di pianto,
sbranato da Cinghiai crudo e vorace.
Adone, il nostro Adone or piú non vive.
Piangete 0 fonti, e lagrimate o rive.