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111.Dove degli occhi le pietose faci,
che furo il Faro a l’alte mie procelle?
Adon, se morto sei, morto mi piaci,
tue bellezze per me fíen sempre belle.
Cotesto sangue io suggerò co’ baci,
t’arderò co’ sospir cento facelle,
pur che morto ancor m’ami, e non ti spiaccia
aver la tomba tua tra le mie braccia. —

112.Risponde: — È questo, oimè crudele amica,
quanto dal vostro amor sperar mi deggio?
Cosí s’oblia quell’alta fede antica
ch’avrá mai sempre in questo petto il seggio?
Voi qui tra giochi e balli, ond’a fatica
vi tragge il sonno, or occupata io veggio;
e le miserie mie curando poco,
piú non vi risovien del nostro foco.

113.Deh se non fredda in tutto entro il cor vostro
vive di tanto ardor qualche scintilla,
e se pur Tesser Dea del terzo chiostro
amorosa pietá nel sen vi stilla,
volgetevi a mirar qual io vi mostro
la faccia un tempo giá lieta e tranquilla,
e qual di furiali aspre catene
duro groppo mi stringe, e mi ritiene.

114.Poi che pur al mio strazio acerbo ed empio
negan l’aita vostra i fati rei,
e d’ogni altro amator misero essempio,
piú non deggio goder quel ch’io godei,
tornate almeno a riveder lo scempio
che fe’ crudo Cinghiai de’ membri miei.
Pregovi sol, che non vogliate ancora
che di tormento un’altra volta io mora.