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171.Piango i tuoi casi Antonio, e duoimi forte
che t’appresti Fortuna oltraggio e danno,
poi che quei che t’induce a sí rea sorte,
è pur l’autor del mio mortale affanno.
Ma chi potrá, se non tormento e morte,
sperar giá mai dal perfido Tiranno,
se ’n piú misero stato ed infelice
condanna anco a languir la genitrice?

172.Tu da l’armi di Cesare sconfitto
fuggi del Nilo a le dilette arene,
ma da la strage del naval conflitto
la bella fiamma tua teco ne viene.
10 da quelle d’Amore il cor trafitto
porto, e partendo (oimè) lascio il mio bene;
né so se per destino unqua mi tocchi
che l’abbian piú da riveder quest’occhi.

173.L’altro esterminio, onde di por s’aspetta
al Turchesco furor morso e ritegno,
fia d’ingiuria immortai poca vendetta
contro il distruggitor del mio bel regno.
Xo no, fuggir non puoi, malvagia setta,
11 castigo del Ciel ben giusto e degno
d’aver guasti ad Amor gli orti suoi cari,
e cangiati in meschite i nostri altari.

174.Vedrò pur la tua Luna, empio Idolatra,
nemico al sommo Sol, Mastin feroce,
pallida, fredda, sanguinosa ed atra
romper le corna in questa istessa foce!
Fremi, furia, minaccia, arrabbia e latra
contro l’invitta e trionfante Croce.
Vedrò con ogni tua squadra perversa
l’armata Babilonica dispersa,