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147.Indi gli appar la dilettosa Coo,
per Hippocrate chiara e per Apelle,
onde di stame e di lavoro Eoo
vengon le vesti preziose e belle;
e ’ngolfandosi a pien nel mar Mirtoo,
terre discerne e region novelle,
e senza intoppo alcun trascorre Claro,
Pathmo e Leria in un punto, Amorgo e Paro.

148.Vie piú lieve ch’augello, o che baleno,
tosto di Deio al sacro lido arriva.
Vede d’Ortigia, ove sgravata il seno
posò Latona, la felice oliva.
Xasso da Bacche tempestata, e Teno
costeggia, e di Micon tocca la riva.
Quella i figli di Borea in grembo chiude,
questa de’ suoi Giganti ha Tossa ignude.

149.Del vago corso a l’impeto fugace
forze raddoppia, e Siro attigne, e Rhena;
l’una a morbo mortai mai non soggiace,
l’altra di busti e di sepolcri è piena.
Visita Cithno d’ogni fior ferace,
e Sifno, che ferace è d’ogni vena,
e fin presso a Serifo allarga il giro,
dove le rane garrule ammutirò.

150.I verdi dumi poi scorge di Cea,
ricca d’armenti e fertile isoletta;
né tarda l’altra a discoprir, ch’Eubea
da la prole d’Asopo ancora è detta.
Caristo a man a man, che Tonda Egea
vagheggia intorno, a trapassar s’affretta,
ai cui bei marmi il Frigio, e l’Africano,
e Paro istessa si pareggia invano.