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31.Ma poi che nulla il mio tormento acerbo
può con si caldi e sviscerati preghi
il rigor di quell’animo superbo
intenerir si ch’a pietá si pieghi,
ed al duol, che ne l’alma io chiudo e serbo,
Amor vuol che d’amor premio si neghi,
vita del morir mio, piacciati almeno
darmi loco nel cor, se non nel seno.

32.Non cancelli o disperda onda d’oblio
d’un si bel foco in te la rimembranza;
ma come vive il ver nel petto mio,
ancor nel tuo ne viva ombra e sembianza.
Questo picciol ristoro al gran desio,
questa poca mercé solo m’avanza:
quando albergo miglior mi sia disdetto,
ne la cara memoria aver ricetto.

33.Se ’l giorno uscir vedrai da l’Oriente,
che la gente consola afflitta ed egra,
stando lunge da me, torniti a mente
che tu sol sei quel Sol che mi rallegra.
Se spiegar dopo ’l dí chiaro e lucente
vedrai la Notte la sua benda negra,
ricòrdati, che tale anco m’ingombra
senza te nebbia e gelo, orrore ed ombra.

34.Se fior vermiglio in prato, o verdeggiante
miri in vago giardino erbetta o foglia,
di’ teco allor: «Nel mio fedele amante
alto e nobil desio cosí germoglia».
S’incontri per camin fiume sonante,
facciati rammentar de la mia doglia,
pensando pur, che piú profondi e vivi
versan per te quest’occhi e fonti e rivi.