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259.Cinquanta ai Cigni di candor simili
destrier, che d’oro han paramenti e selle,
vengon condotti a man vaghi e gentili
da vie piú che carbon nere donzelle.
Robusti schiavi in su le terga umili
portan d’argento ancor gran conche e belle,
dov’è molt’oro accumulato e molto
in medaglie battuto, e ’n verghe accolto.

260.Poi da credenza un barbaro apparecchio
di bei vasi di smalto ecco ne viene,
e v’ha tra lor del piú purgato e vecchio
balsamo Orientai molt’urne piene.
Non di cristallo no segue uno specchio
sí grande ch’a fatica altri il sostiene,
ma d’un intero e limpido zaffiro
e di turchina ha la cornice e ’l giro.

261.Duo preziosi anelli; in un si chiude
la nobil pietra che resiste al foco,
onde chi l’ha (ben che voraci e crude)
prende le fiamme e le faville a gioco.
L’altro gemma contien di tal virtude
c’ha di tosco maligno a temer poco,
perché sentendo il rio velen che nóce,
ferve, e s’infiamma sí, che ’l dito coce.

262.Un orluol di ricche gemme adorno,
che quasi viva ed animata mole,
col numero e col suon l’ore del giorno
segnar non pur mirabilmente suole,
ma con le rote sue si volge intorno
come volgonsi in Ciel le stelle e ’l Sole.
Girali le sfere, e di fin or costrutti
movonsi del Zodiaco i mostri tutti.