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163.Smarrita a le sue tende, e poco lieta
la turba giovenil fece ritorno,
e sciolta l’union de la dieta,
sen giro i Vecchi a procacciar soggiorno.
Ma fin che fusse il principal Pianeta
sorto da l’Indo a suscitare il giorno,
lasciaro per timor de l’altrui frodi
la corona a guardar molti custodi.

164.Era del dí la luce ancora acerba,
e ’n su le mosse il Sol del gran viaggio,
né ben rasciutte avea ne l’umid’erba
le notturne rugiade il primo raggio,
quando la gioventú vaga e superba,
e seco il Parlamento e ’l Baronaggio,
con la medesma ancor pompa sollenne
nel loco usato ad assembrar si venne.

165.Da capo incominciò le prove istesse
la scelta de’ miglior quivi raccolta,
ma nessun si trovò che piú facesse
di quel che gli altri fér la prima volta.
Restan con fronti stupide e dimesse,
e quasi loro ogni speranza è tolta,
i ministri del regno, e i Senatori,
confusi i petti, e conturbati i cori.

166.Ma ne l’Occaso allor allora avea
chiuso il carro dorato Apollo stanco,
e la vaga sorella in Ciel rompea
le nere nubi col suo corno bianco,
onde perché ciascun girne volea
nel proprio albergo a riposare il fianco,
il Senato con gli altri uscía del Tempio,
quando v’entrò d’ogni beltá l’essempio.