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95.Egli è ben vero (e solamente è questo
quanto appor d’imperfetto altri gli potè)
che fan con poche macchie ingiuria al resto
spruzzate di lentigini le gote.
Fu forse opra d’Amor, ch’accinto e presto
a temprar le saette in su la cote,
mentre l’oro affinava a le faville,
glie ne sparse in su ’l volto alquante stille.

96.Mauriffo allor, Sindicatore accorto,
ogni altra parte a specolare intento,
a lo sguardo accostò debile e corto
d’un suo limpido occhiai l’asta d’argento,
e ’n lui languir, quasi senz’alma, ha scorto
beltá, perché di grazia ha mancamento.
— Che vai guancia — dicea — vermiglia e bianca,
se venustá, se leggiadria le manca?

97.Quest’è quel non so che tanto attrativo,
ch’alletta gli occhi, e che contenta il core.
Raggio puro di Dio, spirito vivo,
sale, ond’i cibi suoi condisce Amore.
In costui non lo scorgo, e s’ei n’è privo,
indarno aspira al trionfale onore.
Stiamo dunque a veder, se la Dea nostra
conforme al mio parer l’effetto mostra. —

98.In questo mezo invèr l’altar s’invia,
e giunto il bel Garzon viene a la prova;
ma ’l pregio a riportar, ch’egli desia,
qualunque sforzo suo poco gli giova,
perché come con chiodi affissa sia,
la guardata corona immobil trova;
onde colmo di duol, tinto di scorno
fa, come in alto ascese, in giú ritorno.