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31.La portatura de le chiome belle
s’increspa acconcia in barbareschi modi.
Quinci e quindi è distinta in due rotelle,
ond’escon molte sferze in mezi nodi.
Sembran tele d’aragne, e in mezo a quelle
son d’acuto rubin fissi duo chiodi,
poi de le ciocche in cima al capo aggiunte
su le rote a passar tornan le punte.

32.Fanno ombroso diadema ai crini aurati,
che ’n largo cerchio intorno si sospende,
pur di bei veli a piú color listati
con spessi avolgimenti attorte bende.
Si divide la treccia, e per duo lati,
quasi in due lunghe corna, al tergo scende.
E fregiata la cuffia è d’un lavoro
a rosette d’argento, e stelle d’oro.

33.Giacea su ’l piumacciuol d’un viioleto
lungo un ruscel freschetto e cristallino
corcato, quasi in morbido tapeto,
un pargoletto e tenero bambino,
ne la cui fronte si giocondo e lieto
vedeasi scintillar lume divino,
che ben che il sonno gli occupasse il ciglio,
parea di madre tal ben degno figlio.

34.Era costei d’Arnor la bella Dea,
che del suo caro Adon tracciava l’orme,
e ’l bel fanciul, che di dormir fingea,
era quei ch’a suoi danni unqua non dorme.
Sconosciuta scherzar seco volea
sotto straniere e peregrine forme,
perché fusse il piacer dopo il dolore
quanto improviso piú, tanto maggiore.