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27.Se vibrando il seren de’ duo zaffiri,
ch’innamorano il Ciel, volge la fronte,
prendendo qualitá da’ dolci giri,
lascia il bosco l’orror, la nebbia il monte.
Par che Favonio n’arda, e ne sospiri,
par che ne pianga di dolcezza il fonte,
e per dolcezza in copiosi rivi
stillan le querce mèl, nèttar gli olivi.
28.Ovunque, o in valle ombrosa, o in balza aprica,
sedendo affreni i faticosí errori,
piega i rami ogni pianta, e l’ombra amica
gli offre, e di pomi il sen gli empie, e di fiori,
per render forse a quel che la nutrica
terreno Sole i tributari onori,
poi ch’ogni tronco prende, ed ogni stelo,
vigor dagli occhi suoi piú che dal Cielo.
29.In una croce, che ’l sentier divide
e fa di molte vie quasi una stella,
per mezo il bosco alfin pervenne, e vide
quivi a l’ombra posarsi una Donzella.
Stanca tra’ fiori e languida s’asside,
brunetta sí, ma sovr’ogni altra bella;
ad a l’abito estrano ed a le membra
de l’Egizzie vaganti una rassembra.
30.Senz’alcun taglio un pavonazzo in pelo,
che di verde e d’azur le trame ha miste,
la veste, come veste Iride in Cielo,
d’un cangiante ingannevole a le viste.
Di sovra un manto, anzi piú tosto un velo
ha di satí vergato a varie liste,
ch’ad un botton di variato oppalla
le s’attien per traverso in su la spalla.