Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/226


271.Non uom di selva, o cittadin di villa
móstranlo altrui le sue maniere, e l’opre.
Mercenario sudor la fronte stilla,
ma fra stenti e disagi altro si copre.
Qual Sol fra lente nubi arde e sfavilla,
o per vetro sottil gemma si copre,
tal de la nobil aria in lui la luce
per entro panni laceri traluce.

272.Non villano l’andar, non è villano
il parlar pien di grazia e cortesia;
né quella bianca e dilicata mano
tal, se tal egli fusse, esser devria;
né quel cantar misterioso e strano
senso contien, che signoril non sia;
né guadagnato in rustiche contese
quel suo bel vaso è pastorale arnese.

273.Ma che cur’io, che quel ch’altri non crede
involto stia tra boscherecci panni,
se pur malgrado lor, l’anima vede
aperto il core, e i core è senza inganni?
Sconosciuto è il fedel, nota la fede,
mente condizion, non mente affanni.
Gli affanni interni in que’ begli occhi io veggo,
e i secreti pensier scritti vi leggo.

274.Ciò ne la bella fronte impresso e sculto
visibilmente Amor tu mi riveli.
Può ben stato reai talora occulto
celarsi in altri manti, in altri veli,
ma sotto larva di vestire inculto
esser non può giá mai, ch’Amor si celi:
ché chiuso in casa il foco, in grembo l’angue
si manifesta alfin con pianto e sangue».