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219.Lasso, ad amar la mia nemica istessa,
quella ch’a morte m’odia, io son costretto,
quella che ’n virtú dee di sua promessa
il mio capo pagar col proprio letto.
Grande è il periglio, ahi che laro? con essa
discoprirmi non oso, e ’ndarno aspetto.
Se conosciuto son, non spero aita,
e la speranza in un perdo, e la vita.

220.Del ben vietato il disiderio cresce
tra i difficili intoppi assai piú grave,
ch’Argene, in cui di par s’accoppia e mesce
accortezza e rigore, in cura l’have.
Chiusa la tien, sí che giá mai non esce,
sotto secreta e ben fidata chiave,
né, se non seco sol, mai le concede
libero trar del regio albergo il piede.

221.Come la spica incoronar l’ariste,
come soglion la rosa armar le spine,
cosí a Dorisbe intorno in guardia assiste
schiera di Donne illustri e peregrine,
ch’involata la tengono a le viste,
non che de’ vagheggianti a le rapine.
Pensa s’altro io potea, che con lamenti
fastidir l’aure, e con sospir cocenti.

222.Amor (ma che non tenta? o che non osa?)
Amor, che tutto regge, e tutto move,
m’inspirò nel pensier froda ingegnosa,
arti insegnommi inusitate e nove.
Amor, ch’ad onta de la Dea gelosa
cangiar seppe in piú forme il sommo Giove,
Amor stato, sembianza, abito e nome
a mutar mi costrinse, e dirò come.