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147.Tien certo che lá dentro Adon s’appiatti
Orgonte, e pensa pur come lo scopra.
Vássene al buco, ove gran tempo fatti
han Tapi industri i casamenti sopra.
Fa che ciascun de’ suoi la zappa tratti,
e chi la pala, e chi la marra adopra,
stromenti che quel di dopo i lavori
quivi lasciati avean gli agricoltori.

148.Le pecchie allor, ch’a lavorare il favo
stavano travagliando entro i covili,
quando picchiar sentirò il sasso cavo
da vomeri, da vanghe, e da badili,
s’aventaro a lo stuol perverso e pravo
con spine acute e stiinuli sottili,
e con tal furia e tanta stizza uscirò,
che n’uccisero molti e ne ferirò.

149.Ma quantunque salvatiche e superbe
trafigessero lor le mani e ’l volto,
il mal però de le punture acerbe
appo il danno maggior non parve molto.
Sparsesi il mèl, che di pestifer’erbe
e di fior velenosi era raccolto,
e quei che da’ ladron non fur distrutti,
gustando quel licor, moriron tutti.

150.Orgonte sol, vie piú che mai feroce,
passa ove l’erba il gran pertugio occupa,
e fa d’orrenda e formidabil voce
la voragin sonar profonda e cupa.
Ma giunto al vado occulto, entro la foce
del rúinoso baratro dirupa,
e con scoppio terribile e rimbombo
vien d’alto in giú precipitando a piombo.