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11.A la spoglia, a la chioma, a l’atto, al viso,
a l’andar, al parlar fallace e finto
chiunque il vede, ha di veder aviso
vaga Ninfa di Menalo, o di Cinto.
Ne la selva ricovra, e quivi assiso
in un pratel di mille fior dipinto,
prende la gemma che nel ricco incastro
fu giá legata da sí dotto mastro.

12.Mira nel sacro anel la cara imago
di lei, ch’ancor per lui tragge sospiri,
e dietro a l’occhio ingordo il pensier vago
fermando in esso, inganna i suoi desiri.
Resta in parte però contento e pago
degli amorosi suoi lunghi martiri,
veggendo almen, che pur da lei si parte
per girne altrove il furioso Marte.

13.Non gli lascia serrar gli occhi dolenti
il folto stuol de le noiose cure;
e volgendo tra sé gli aspri accidenti
de le passate sue disaventure,
la desperazion de le presenti,
e I’aspettazi’on de le future,
per trovar al suo mal qualche consiglio
scaccia ogni requie da lo stanco ciglio.

14.Pur da’ travagli de l’afflitta mente
e del corpo affannato e faticoso
vinto, a forza convien che finalmente
ubbidisca a Natura il cor doglioso.
Cosí malvolentier cede, e consente
a la necessitá d’alcun riposo,
né piú difender gli occhi egri si ponno
dal dolce assalto d’un piacevol sonno.