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I2Ó

LA PRIGIONE

175.Tuttavia d’or in or quanto succede
gli va scoprendo il condottier del giorno,
che del vaticinar l’arte possiede
e d’ogni lume è di scienza adorno;
e si come colui che ’l tutto vede
scorrendo i poli e circondando intorno
de la terra e del Ciel la cima e ’l fondo,
può ben saver ciò che si fa nel mondo.

176.— Tu sai ben — gli dicea — quanto mi calse
del tuo mai sempre, anzi pur nostro onore,
e che ’n me questo debito prevalse
a l’odio istesso de la Dea d’Amore,
la qual per tua cagion, ben che con false
dimostranze il velen copra del core,
per la memoria de l’ingiuria antica
mi fu da indi in poi sempre nemica.

177.Or che pur d’Himeneo le sacre piume
questa indegna del Ciel Furia d’inferno
con novo scorno di macchiar presume,
vuoisi ancora punir con novo scherno;
e poscia che ’l suo indomito costume
a corregger non vai freno o governo,
de la stirpe commun pensar bisogna
a cancellar la publica vergogna.

178.Se l’obbrobrio e l’infamia in ciò non vale,
vágliane omai la crudeltate e ’l sangue.
Io ti darò quest’arco, e questo strale,
che ’n Thessaglia ferí l’orribil angue.
Poi quel rozo berton, quel vii mortale,
per cui sospira innamorata e langue,
io vo’ ch’apposti si con la mia guida,
ch’oggi di propria man tu gliel’uccida. —