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171.Mentre di rabbia freme, e di dispetto,
dal dolor, dal furor trafitto e vinto,
a raddoppiargli ancor stimuli al petto
vi sovragiunge il biondo Arcier di Cinto.
Questi de la cagion di quel sospetto
gli dá piú certo aviso, e piú distinto,
onde il misero Zoppo aggiunger sente
sovra il ghiaccio de l’alma incendio ardente.

172.Somiglia il monte istesso ov’ei dimora,
che tutto è carco di nevosa bruma
ma da l’interne viscere di fora
le faville essalando, avampa e fuma.
Né cosí i proprio mantice talora
le fiamme incita, e i pigri ardori alluma,
come quell’instigar gli soffia e spira
negli spirti inquieti impeto d’ira.

173.Da lo sdegno che l’agita e l’irrita
sospinto fuor del nero albergo orrendo,
con la scorta di Febo e con l’aita
tra sé machine nove ei va volgendo.
Quindi fu poscia di sua mano ordita
la catena ch’Adon strinse dormendo.
L’aurea catena, che ’n prigion legollo,
fu lavor di Vulcan, pensier d’Apollo.

174.E non solo il lavor de la catena
l’un di lor consigliò, l’altro esseguio,
ma l’istessa prigion di Falsirena
fu fabricata dal medesmo Dio.
Come ciò fusse, o se notizia piena
11’ebbe la Fata allor, non so dir io.
Prese d’un vái magnan vesta e figura,
e di tesser que’ ferri ebbe la cura.