Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/118


119.Non prestai fede a la tua madre, Amore,
quand’era (ch’or non son) contento e lieto.
Dicea, ch’eri un mal dolce, un dolce errore,
Sagittario crudel, Rege indiscreto,
labirinto di fraude e di dolore,
libera servitú, porto inquieto,
in cui fé né pietá mai non si trova!
Lasso, or tardi il conosco, e ’l so per prova.

120.Ma tua tutta è l’ingiuria, e tuo l’oltraggio
del grave mal ch’ingiustamente io porto;
né devresti soffrir, Signor mal saggio,
da sí bassa nemica un sí gran torto.
Ecco mi toglie il desiabil raggio
ch’era al mio lungo duol breve conforto,
e tien pur sotto giogo aspro e servile
chiuso un tuo prigioniero in career vile.

121.Ed a te non bastò, cruda Fortuna,
farmi nascer d’incesto in lido estrano,
d’ogni paterno ben fin da la cuna
spogliarmi, e ’l regno mio tòrmi di mano,
e (ciò ch’è piú) lasciarmi in notte bruna
dal Sol, che splende altrui, tanto lontano,
ch’aggiunger nodi a nodi anco volesti;
e pur scettri ed onor mi promettesti!

122.Contro le tue spietate e rigid’armi
qual privilegio avran diademi e troni,
se con chi langue e muor non le risparmi?
se né pur anco ai miseri perdoni?
Se son trafitto, a che piú saettarmi?
Quest’è l’eccelso stato ove mi poni?
Precipizii maggior dunque hai prefissi
a chi caduto è giá sotto gli Abissi?