Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/117


115.Salvo un sol chiavistel d’acciaio duro,
la cui chiavetta altrui fidar non osa,
tutta vuol che sia d’òr semplice e puro
quella ricca catena e preziosa,
sí perché piú che del metallo oscuro,
del piú lucido e fino è copiosa,
sí perché ’n laccio d’oro essendo stretta,
vuol con un laccio d’òr farne vendetta.

116.Dopo lungo dormir, quand’ei si desta,
e si ritrova in auree funi avinto,
da lo stupore, onde confuso resta,
lo stupor del letargo in tutto è vinto.
La cara gemma a contemplar s’appresta,
non sapendo però, ch’è l’anel finto;
e perché non vi scorge il volto amato,
teme non contro lui sia forse irato.

117.— Amor insidioso, i tuoi piaceri
com’han l’ali — dicea — veloci e lievi!
Come schernisci altrui? non sia chi speri
gioie da te, se non fugaci e brevi.
Perché levar tant’alto i miei pensieri,
se poi precipitarmene volevi?
Mi sommergi nel porto, a pena giunto,
e mi fai ricco e povero in un punto.

118.Fortuna ingiuriosa, i’ non credea
perder in erba la sudata messe,
né eh’una stolta e temeraria Dea
ne l’impero d’Amor ragione avesse.
Cosí dunque sen van, perfida e rea,
con le speranze mie le tue promesse?
dunque dal tuo furor perverso e duro
tra le miserie ancor non son securo?