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207.Quinci veder ben puoi quant’ella sia
facoltá temeraria, arte fallace.
Ma siasi pure ogn’influenza ria
inevitabilmente anco efficace;
contro il vigor de la bellezza mia
qual forza avrá giá mai sinistra face?
e qual, dove son io, può farti oltraggio
di malefica luce infausto raggio?

208.L’orrida falce sua contro Ciprigna
il piú pigro Pianeta indarno rota.
Contro me s’arma invan stella sanguigna:
vibri, se sa, la spada, o l’asta scota,
ch’a placar del suo cor l’ira maligna
basta ch’un guardo mio sol la percota.
Qual timore aver puoi d’influssi rei,
se porto il tuo destin negli occhi miei? —

200.Dopo questo parlar, perché s’accorse
ch’Adone ai detti suoi pago rimase,
ma che malvolentier le piante torse
per dipartir da le lucenti case,
e di tante bellezze alcuna forse
poterlo a lei rapir si persuase,
gelosa pur eh’Amor non l’invaghisse
di quel che visto avea, cosí gli disse:

210.— Io veggio ben, che rimaner vorresti
meco per sempre in cosí bei soggiorni,
e l’albergo terren cangiar con questi
regni beati e d’ogni gloria adorni;
ma vuol legge fatai che piú non resti,
e convien ch’io laggiú teco ne torni.
Né picciol privilegio è d’uom mortale
Tesser poggiato ov’altri unqua non sale.