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187.Con quel parlar che morte altrui minaccia,
la giovenil simplicitá spaventa,
a la lingua mendace il fren dislaccia,
e ’l periglio vicin ti rappresenta,
per veder scolorir la bella faccia,
e provar se ’l tuo cor se ne sgomenta.
Ma che? quand’egli ancor non parli a gioco,
i pronostici suoi curar dèi poco.

188.Di tai chimere io vo’ che tu ti rida:
ancor che d’empio Ciel raggio ti tocchi,
qual sí cruda sará stella omicida,
che ’l rigor non deponga a’ tuoi begli occhi?
Folle chi troppo credulo confida
nel vano profetar di questi sciocchi,
che presenti non san le lor sciagure,
e dansi a specolar l’altrui future.

189.Spesso la notte in fra i piú ciechi ingegni,
piú de l’altrui che del suo mal presago,
i moti ad osservar de’ nostri regni
stassi Astrologo Hgizzio, Arabo Mago;
e figurando con piú linee e segni
ogni casa celeste ed ogni imago,
l’immenso ciel di tanti cerchi onusto
vuol misurar con oricalco angusto.

190.Giudica i casi, e de l’altrui natale,
mercenario indovin, calcola il punto,
né s’accorge talor, miser, da quale
non previsto accidente è sovragiunto;
e mentre cerca pur d’ogni fatale
congiunzion, come si trova a punto,
l’influenze esplorar benigne o felle,
quasi notturno can, latra a le stelle.