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171.Cosí parlò, poi fuggitive e preste
le penne dispiegò l’alata Dea,
e ’l cavo bronzo accompagnando a queste
voci, gli atrii del Ciel fremer facea.
E da piú d’un vicino antro celeste
piú d’un’Eco immortai le rispondea.
Allor l’Eternitá quant’ella disse
col suo scarpello in bel diamante scrisse.

172.La vista intanto inusitata e strana
di quelle vaghe e peregrine larve,
che qual si fusse, o sussistente, o vana,
basta che grata e dilettosa apparve,
divenuta o piú chiara, o piú lontana,
non so dir come, in un momento sparve.
Parve pesce fugace in cupo fiume,
non so se fusse o la distanza, o il lume.

173.Come in superba e luminosa scena
al dispiegar de la veloce tela,
ogni pompa e splendore, ond’ella è piena,
ai riguardanti súbito si cela;
cosí repente in men che noip balena
ciascuna imago agli occhi lor si vela,
e ne le piú secrete e piú profonde
viscere de la luce si nasconde.

174.Scendon la balza, e dal poggetto ameno
tornano al piano onde partirò avanti.
Ma di stupore innebrfato e pieno
spesso sospende Adon tra via le piante;
e perch’aito desio gli bolle in seno
di saver qual destin gli è sovrastante,
che gliel voglia scoprir Mercurio prega,
e ’n sí fatto parlar la lingua slega: