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167.Dal Mare ancor costui fra che s’appelli,
per in parte adeguar l’alto suggetto
ma presso al Mar d’onor’ sí grandi e belli
fta picciol fiume il suo rozo intelletto.
Pur come (ben che poveri) i ruscelli
corrono al Mare, ed han dal Mar ricetto,
cosí sprezzato ancor non fia ’l suo stile,
di Mar sí vasto tributario umile.

168.O fortunato, o ben felice ingegno,
destinato a cantar divini amori,
sí dal Ciel favorito, e fatto degno
di tanti e tanto invidiati onori!
Tu sarai di quel nome alto sostegno,
che fta ricca mercede a’ tuoi sudori,
di cui fia che risoni e Sona e Senna,
ornamento immortai de la tua penna.

ifiy. Io quanto a me non poserò volando

(ben che sia ’l mondo a tanta gloria angusto)
fin che le lodi sue non spiego e spando
da l’Atlante nevoso a l’Indo adusto.

E con bisbiglio armonico essaltando
in petto feminil pensiero augusto,
se bene il falso al ver mescer mi piace,
sarò lodando lei sempre verace.

170.E giuro ancor di quest’aurata tromba
il sonoro metallo enfiar sí forte,
ch’a quell’alto romor che ne rimbomba
l’ali al Tempo cadran, l’armi a la Morte.
Né vietar potrá mai letargo o tomba,
perfida invidia, ingiuriosa sorte,
che dovunque virtú la scòrge e chiama
non la segua per tutto anco la Fama. —