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111.Quest’amo ascose in fra’ suoi strali Amore
in quel divino e maestoso aspetto,
in cui di due bellezze un doppio ardore
abbaglia ogni pensier, scalda ogni affetto.
L’una di nobil fiamma accende il core,
l’altra è degli occhi un reverito oggetto;
e quel gemino bel sí ben si mesce,
che qual foco per foco incendio cresce.

112.L’una il cupido senso alletta in guisa
con vivi lampi di serena luce,
ch’empie d’alto piacer chi ’n lei s’affisa,
se ben casti desir sempre produce.
L’altra dal career suo l’alma divisa
di raggio in raggio al sommo Sol conduce,
mostrandole laggiú sotto uraan velo
quella beltá che si contempla in Cielo.

113.Ben tu per questa scala ancor le piume
del tuo basso intelletto alzar potrai,
e ne lo specchio del creato lume
de l’increato investigar i rai;
e del corporeo e naturai costume
l’impura qualitá vinta d’assai,
di quel bei ciglio a la beata sfera
tornar d’umil Farfalla Aquila altera.

114.Laggiú nel mondo a soggiornar ben tardi
verrá, ma carca di caduca salma.
E ben che la gentil, per cui tu ardi,
possegga di beltá la prima palma,
sí nobili però non son que’ dardi
(con pace sua) che ti saettan l’alma.
L’una è lasciva Dea, l’altra pudica,
l’una madre d’Amor, l’altra nemica.