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CAXTO UNDECIMO

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75.Ma par negli atti si contristi e dolga,
e va turbata e disdegnosa alquanto,
che senza morte si rallenti e sciolga
quel nodo onde la strinse Himeneo santo;
e ch’altra a un punto le rapisca e tolga
di Gallia il regno, e di beltate il vanto,
onde perder in un deggia per quella
e di Reina il titolo, e di bella.

76.Piú oltre oh che divin volto vegg’io,
il cui grave rigor modera e molce
di benigna letizia un raggio pio,
e d’onesto sorriso un lampo dolce!
Ell’è Ciarlotta, ardor del regno mio,
che gli onor di Condè sostiene e folce;
Nume degno d’altari e che s’adori
con sacrifici d’anime e di cori.

77.Dal Cielo ond’esce il gran fanal di Deio,
a la riva ch’è meta a sua fatica,
e da’ pigri Trioni, ove di gelo
la Tana il piede incristallito implica,
fin dove sotto il piú cocente cielo
ferve di Libia la pianura aprica,
beltá non v’ha che piú s’ammiri e pregi,
possente ad infiammar l’alme de’ Regi.

78.Aguzza il guardo pur, se pur da tante
luci esser può che non languisca offeso;
e guarda ch’a quel Sol ch’avrai davante
non resti 0 l’occhio cieco, o il core acceso.
Vedrai Maria Borbon, dal cui sembiante
il modello del bel Natura ha preso.
Beltá che far potrebbe in forme nove
spuntar le corna, e nascer l’ali a Giove.