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35.L’anima nata in fra l’eterne forme,
ed avezza a quel bel ch’a sé la chiama,
de la beltá celeste in terra Torme
cerca, e ciò che l’alletta e segue e brama;
e quando oggetto a’ suoi pensier conforme
trova, vi corre ingordamente, e l’ama.
Fior, fronde, e gemme, e stelle, e Sole ammira,
ma vie piú ’l Sol che ’n duo begli occhi gira.

36.Bellezza è Sole, e lampo, e fiamma, e strale,
fère ov’arriva, e ciò che tocca accende.
Sua forza è tanta, e sua virtute è tale,
ch’innebria sí, ma senza offesa offende.
Nulla senza beltá diletta o vale,
il tutto annoia, ove beltá non splende.
E qual cosa si può fra le create
piú bella ritrovar de la beltate?

37.Perde appo questo (ancor che in un s’accoglia
quanto il mondo ha di buono) ogni altro bene.
Ogni altro ben, ch’a desiare invoglia,
alfin sazia il desio, quando s’ottiene.
Sol quel desio che di beltá germoglia
cresce in godendo, e vie maggior diviene.
Sempre amor novo a novo bel succede,
tanto piú cerca, quanto piú possiede.

38.Giogo caro e leggier, leggiera salma,
prigionia grata, e tirrania soave.
In qualunqu’altro affar perder la palma
altrui rincresce, e Tesser vinto è grave.
A quest’impero sol qual piú grand’alma
soggiace, e d’ubbidir sdegno non have.
Non è cor sí superbo, o sí rubello,
che non si pieghi e non s’inchini al bello.