Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/597


Veder puoi di Torin l’invitto Duce,
cui non ha Roma o Macedonia eguale,
che carriaggi e salmerie conduce
con varie sovra lor machine e scale.

Su lo spuntar de la diurna luce
a Trino arriva, e la gran porta assale.

Vedi stuol piemontese e savoiardo
quivi attaccar l’espugnator pettardo.

Reco, rotto il rastei, passato il ponte,
non però senza sangue e senza morti,
le genti alloggia a l’alta rocca a fronte,
prende i quartier piú vantaggiosi e forti,
manda la valle ad appianar col monte
i picconieri e i manovali accorti,
mette i passi a spedir scoscesi e scabri
con vanghe e zappe e guastadori e fabri.

Fa con gabbie e trincee steccar dintorno
de’ miglior posti i piú securi siti.

Col sembiante reai vergogna e scorno
accresce ai vili, ed animo agli arditi.

Far fiamma o lampo, or parte, or fa ritorno
cercando ove conforti, ed ove aiti,
mentre il cannon, che fulminando scoppia,
nel rivellin la batteria raddoppia.

Ed egli in un co’ generosi figli
studia come talor meglio si batta,
sempre occupando in fra i maggior perigli
la prima entrata, e l’ultima ritratta.
Convien che pur di ceder si consigli
la terra alfin per non restar disfatta:
ed apre al vincitor, che l’assecura
da la preda, dal ferro, e da l’arsura.