Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/589


195.Eccolo alfin, ch’è con applauso eletto
de’ Galli alteri a governare il freno.
Xé studia quivi con tiranno affetto
beni usurpati accumularsi in seno.
Con larga man, con gioviale aspetto
versa d’oro, ov’è d’uopo, il grembo pieno,
e d’or in or regnando altrui piú scopre
generosi pensier, magnanim’opre.

196.Xon v’ha piú loco ambizione ingorda,
non piú stolto furor, discordia fiera.
Xon v’ha Prudenza cieca, o Pietá sorda:
Pace e Giustizia in quell’impero impera.
Sa far (sí ben le repugnanze accorda)
Autunno germogliar di Primavera,
mentre fra gli aurei Gigli a Senna in riva
pianta dopo la Palma anco l’Oliva.

197.Virtú quanto è maggior, tanto è piú spesso
de l’Invidia maligna esposta ai danni,
la qual suol quasi a lei far quello istesso
che ’l tarlo ai legni, e la tignuola ai panni.
Qual ombra che va sempre al corpo appresso,
la perseguita ognor con vari affanni.
Ma son gli oltraggi suoi, ch’offendon poco,
lime del ferro, e mantici del foco.

198.Mira il fior de’ migliori, al cui gran lume
l’altrui sciocco livor divien farfalla,
mercé di quel valor, che per costume
quanto s’affonda piú, piú sorge a galla:
malgrado di chi nocergli presume,
ai pesi è palma, a le percosse è palla;
onde di novo onor doppiando luce
è fatto inclito Re d’inclito Duce.