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CANTO DECIMO

Or vedi come fuor de l’ampia bocca
de l’urna rea, ch’ogni difetto asconde,
in larga vena scaturisce e fiocca
il sozzo umor di quelle perfid’onde.

De l’altro fiume, onde piacer trabocca,
questo in copia maggior Tacque diffonde,
perché ’n quel nido di tormenti e guai
sempre Tamaro è piú che ’l dolce assai.

76.Vedi morte, penuria, e guerra e peste,
vecchiezza e povertá con bassa fronte,
pena, angoscia, fatica, afflitte e meste
figlie appo lei d’Averno e d’Acheronte.
V’è Tempia Ingratitudine tra queste,
prima d’ogni altro mal radice e fonte.
E tutte uscite son del vaso immondo
per infestar, per infettar il mondo.

77.Non ti meravigliar, ch’affanni e doglie
in questo primo Ciel faccian dimora,
perché la Diva onde ’l suo moto ei toglie
è d’ogni morbo e d’ogni mal Signora.
In lei dominio e potestá s’accoglie
e sovra i corpi e sovra l’alme ancora.
.Ma se d’ogni bruttura iniqua e fella
vuoi la schiuma veder, volgiti a quella. —

78.Sí disse, e gli mostrò Mostro difforme
con orecchie di Mida e man di Cacco.
Ai duo volti parea Giano biforme,
a la cresta Priapo, al ventre Bacco.
La gola al Lupo avea forma conforme,
artigli avea d’Arpia, zanne di Ciacco.
Era Hiena a la voce, e Volpe ai tratti,
Scorpione a la coda, e Simia agli atti.