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CANTO DECIMO
Calvo è il Veglio e rugoso, e spande al petto
(le la barba prolissa il bianco pelo.
Severo in vista, e di robusto aspetto,
e grande sí, che quasi adombra il Cielo.
È tutto ignudo, e senza vesta, eccetto
quanto il ricopre un variabil velo.
Agil sembra nel corso, ha i piè calzati,
ed a guisa d’augel gli omeri alati.
Tien divisa in duo vetri in su la schiena
lucida ampolla, onde traspar di fore
sempre agitata e prigioniera arena,
nunzia verace de le rapid’ore.
A filo a filo per angusta vena
trapassa e riede al suo continuo errore,
e mentre ognor si volge, e sorge, e cade,
segna gli spazii de l’umana etade.
Di servi e serve, ad ubbidirgli avezza
moltitudine intorno ha reverente,
di quella maèstá che ’l tutto sprezza
provida essecutrice e diligente.
Mostrava Adon desio d’aver contezza
qual si fusse quel loco e quella gente;
onde cosí di que’ secreti immensi
il suo Conducitor gli aperse i sensi:
— Sacra a colei che gli ordini fatali
ministra al mondo è questa grotta annosa,
non solo impenetrabile a’ mortali,
agli occhi umani ed a le menti ascosa,
sí ch’alzarvi giá mai la vista o l’ali
intelletto non può, sguardo non osa,
ma gl’interni recessi anco di lei
quasi a pena spiar sanno gli Dei.