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LA FONTANA D’APOLLO

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135.Questa piú ch’altra pianta irrigar l’onde
denno del fecondissimo Helicona.
Di questa Apollo a le sue chiome bionde
di lauro in vece, intesserá corona.
Al mormorio de le soavi fronde
il suono invidiar potrá Dodona.
Avranno a l’ombra sua tranquillo e fido
i miei candidi augei ricovro e nido.

136.La bella scorza, che seccar non potè
ardor d’estate, né rigor di verno,
porterá al Ciel con mille incise note
de’ suoi chiari cultori il nome eterno.
Il ceppo altier, che fulmine non scote,
prendendo d’Aquilon l’ingiurie a scherno,
sempre maggiore acquisterá fermezza,
come fa nel mio cor la tua bellezza.

137.Or colá volgi gli occhi ai sei Giacinti,
nel cui lieto ceruleo a punto miri
quell’azurro sereno, onde son tinti
de le tue luci i lucidi zaffiri.
Sí chiaro è quel color che gli ha dipinti,
che s’egli avien che ’n essi il guardo giri,
non sa il pensier, che dubbio alterna ed erra,
dir se sien Gigli in Cielo, o Stelle in terra.

138.Gigli celesti e fortunati, oh quale
seme d’alte speranze in voi s’accoglie!
Qual d’odori di gloria aura immortale
trarrá la Fama da le vostre foglie!
E quant’Api da voi porteran l’ale
ricche di ricche e preziose spoglie:
onde illustre lavor fia poi costrutto
ch’empierá di dolcezza il mondo tutto.