Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/509


91.Il meglio è dunque in questa vita breve
procacciar contro Morte alcun riparo,
e poi che ’l corpo incenerir pur deve,
rendere almeno il nome eterno e chiaro.
Chi da Fortuna rea torto riceve
specchisi in me, ch’a disprezzarla imparo.
Sol beato è chi gode in ore liete
tra modesti piacer bella quiete. —

92.— Virtú non men ch’Amor, di sé s’appaga —
dice la Dea, ch’intenta il parlar ode. —
Sí come amor sol con amor si paga,
cosí virtú sol di virtú si gode.
Altro premio, altro prezzo, ed altra paga
non richiede, né vuol, ch’onore e lode.
Ella è merce e mercé sola a se stessa. —
Cosí dicendo, al bel fonte s’appressa.

93.Xe l’Isoletta un picciol pian ritondo
da siepe è cinto di fin oro eletto,
che col metallo prezioso e biondo
difende il praticel, che vi fa letto.
E di germi odoriferi fecondo
d’aromatiche piante havvi un boschetto,
che fan con l’ombre lor frondose e spesse
il loco insuperbir di ricca messe.

94.Un Parnasetto d’immortal verdura
nel centro del pratel fa piazza ombrosa,
in mezo al cui quadrangolo a misura
la pianta de la fabrica si posa.
Fermansi a contemplar l’alta struttura
la Vaga e ’l Vago in su la sponda erbosa,
e van mirando i peregrini intagli,
cui nulla è sotto il Sole opra ch’agguagli.