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87.Ma però che ’l Furor suole in gran parte
di que’ petti guerrieri esser Tiranno,
e le penne pacifiche e le carte
con aste e spade conversar non sanno,
e tra gli scoppi e i timpani di Marte
i concenti d’Amor voce non hanno,
questo scoglio romito, e questo lido
feci de’ miei pensier refugio e nido.

88.Qui mi vivo a me stesso, e ’n quest’arena
che cosa sia felicitá comprendo,
e qui purgando la mia roza vena,
da’ tuoi candidi Cigni il canto apprendo,
con cui sfogar del cor la dolce pena
la Pescatrice mia m’ode ridendo.
Vena povera certo, ed infeconda,
ma schietta e naturai, com’è quest’onda.

89.Cosí vinto il rigor del fier destino,
con cui vera Virtú sempre combatte,
di Pausilippo e Nisida e Pioppino
risarcisco le perdite c’ho fatte.
Il puro stagno, e ’l bel fonte vicino,
le lor rive fiorite, e Tonde intatte
son mia Corte, e mia reggia; altro non bramo,
che l’erba e l’acqua e la cannuccia e l’amo.

90.Uom, ch’anelante a vani acquisti aspira,
e ’n cose frali ogni suo studio ha messo,
fa qual turbo o paleo, che mentre gira,
la sepoltura fabrica a se stesso,
e dopo molte rote alfin si mira
aver al moto il precipizio appresso.
Che vai tanto sudar, gente inquieta,
s’angusta fossa a le fatiche è meta?